Home

Indice

 
 
 
 
 
 
 
 

Segnalazioni

 

referendum 22 ottobre

Sì critico o Astensione?
posizioni a confronto
 
"Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di Autonomia?"
 
 
Bisato - due sì completamente diversi
 
Col passare dei giorni si vivacizza la discussione da parte dell'opinione pubblica sul referendum del 22 ottobre, cosiddetto sull'autonomia del Veneto. Vista la rilevanza che il tema ha assunto sui media e, in parte, presso l’opinione pubblica, credo necessario fare chiarezza sulla posizione
che il Partito Democratico ha assunto e che giornalisticamente è stata riassunta in un "Sì Critico".
Il 22 ottobre, chi si recherà alle urne troverà sulla scheda parola per parola il testo dell'articolo 116, comma 3 della Costituzione, in vigore dal 2001. Il testo del quesito approvato dalla Corte Costituzionale, infatti, recita testualmente: *"Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?".* In pratica, maggiori forme di autonomia su alcune materie possono essere contrattate dalle Regioni su esplicita domanda della Regione interessata e dopo una trattativa tra Stato e Regione stessa. A oggi, l’unica Regione ad aver attivato la procedura prevista dalla Costituzione è l’Emilia Romagna che infatti ha avviato un tavolo di lavoro con il governo. Purtroppo, invece, il Veneto non si è mai mosso in questo senso, lasciando passare invano 16 lunghi anni.
Il terzo comma dell'articolo116 è stato voluto in Costituzione proprio dal centro sinistra ed è frutto di un articolato percorso che ha avuto come protagonisti di primo piano sindaci e amministratori veneti di centrosinistra dalla metà degli anni Novanta in poi.
Tra le altre, il 4 settembre 2000 fu presentata in Consiglio regionale del Veneto la proposta di legge numero 46 a firma dei consiglieri Cacciari, Variati, Zanonato, Galante e Bettin dal titolo "Referendum consultivo in merito alla presentazione di una proposta di legge per il trasferimento alla regione di funzioni statali" con la quale si chiedeva tra l'altro "il trasferimento agli enti locali di tutte le funzioni amministrative regionali nel superamento di ogni forma di centralismo regionale e in applicazione dei principi di sussidiarietà e di differenziazione".
Il centrosinistra veneto è storicamente favorevole all'autonomia rafforzata e al possibile riconoscimento di maggiori competenze alle Regioni, in equilibrio di bilancio, con il conseguente affidamento da parte dello Stato delle risorse finanziarie necessarie a esercitare tali competenze. Una
maggiore autonomia amministrativa, condivisa con gli enti locali, per la gestione delle materie e soprattutto dei servizi attraverso gli enti più prossimi ai cittadini. Niente di più e niente di meno.
Fin qui i dati oggettivi e le motivazioni orientate al bene comune che guidano la scelta del Partito Democratico per il Veneto e per i Veneti.
Tuttavia, registriamo il costante sconfinamento nella propaganda della maggioranza leghista che rischia di danneggiare le ragioni del Veneto e allontanare il raggiungimento dell’obiettivo comune di ottenere maggiori forme di autonomia.
Non solo la maggioranza politica che regge la Regione, ma la stessa giunta attribuiscono al referendum significati che non ha: afferma la possibilità di trattenere l’intero residuo fiscale, ossia della differenza tra tasse pagate e servizi ricevuti, e la possibilità di trattenere i tributi versati in Regione, ben sapendo che non è parte del quesito referendario; carica l'opinione pubblica prefigurando la possibilità di ottenere per il Veneto lo statuto speciale sulla falsariga del Trentino Alto Adige, falso anche questo; consente che vengano utilizzate le istituzioni pubbliche locali, quindi i soldi dei cittadini, per fare propaganda fuorviante.
Inoltre, approva negli ultimi mesi due leggi regionali per il riconoscimento del popolo veneto come “minoranza nazionale” e per l'esposizione obbligatoria della bandiera del Veneto negli uffici pubblici, obbligo esteso, a certe condizioni, anche ai privati. Si tratta di iniziative volte esclusivamente a occupare la scena mediatica e a innalzare il livello di scontro con il governo, quando invece sarebbe utile per tutti noi alimentare i canali del confronto serio tra istituzioni.
Di fronte al costante tentativo di avvelenare il clima politico e di esacerbare il dibattito pubblico ribadiamo con risolutezza la nostra posizione: il PD veneto è per votare Si a maggiori forme di autonomia amministrativa su politiche del lavoro, della formazione e sociale, tutela dell'ambiente e sviluppo sostenibile NELL'AMBITO DELL'UNITÀ NAZIONALE.
Quasi tutti, compresa parte degli organi di informazione, dopo anni di martellante propaganda fanno coincidere il termine "autonomia" ai termini "indipendenza e secessione". Ripartiamo dal vocabolario per attribuire correttamente le giuste proporzioni al referendum del 22 ottobre. L’autonomia richiama tutti noi a maggiori responsabilità, non certo al bengodi della crescita incontrollata della spesa pubblica improduttiva immaginato da Zaia e dalla sua giunta.
 
Il segretario del PD Veneto
  
Alessandro Bisato
Giaretta - Il referendum di Zaia: altro che un Sì "critico"
 
Nella marcia verso il referendum veneto del 22 ottobre qualcosa sta succedendo. Il Segretario del PD Matteo Renzi, di fatto sconfessando la dirigenza veneta del suo partito, intervenendo a Padova ha detto che il referendum è del tutto inutile. Giudizio politico naturalmente. Però se ne è aggiunto uno tecnico. Perché il TAR, nel respingere (per la verità con motivazioni formali discutibili) un ricorso presentato da due cittadini sullo svolgimento del referendum, ha tuttavia ricordato che il referendum non avrà alcun effetto vincolante. Cosa ovvia ma che all’opinione pubblica non appare molto ovvia.
Ma se una cosa è inutile ha senso il Sì critico annunciato dal PD veneto? Non sarebbe il caso che il maggior partito di opposizione rivedesse la propria posizione? Che si comprende perché c’è anche nel PD veneto una forte tradizione autonomista, e tuttavia il compito della dirigenza politica dovrebbe essere anche quello di orientare l’opinione pubblica, svelando l’imbroglio politico sottinteso dal referendum.
Penso di non sbagliare pensando che la maggior parte dei veneti che andranno a votare e voteranno sì lo faranno pensando che per questa via il Veneto otterrà che più soldi restino sul territorio e che il Veneto diventi più o meno una Regione a statuto speciale. E qui sta l’imbroglio perché questi due quesiti erano contenuti nella legge regionale (“vuoi che la Regione mantenga almeno l’ottanta per cento dei tributi riscossi nel territorio regionale?” e “vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a statuto speciale?”) e sono stati bocciati dalla Corte Costituzionale.
Perciò qualsiasi sia l’esito del referendum ciò che il Veneto potrà ottenere è quello contenuto nell’articolo 116 della Costituzione, ottenendo ulteriori e particolari forme di autonomia in una serie di materie certamente importanti. Colpevole il Veneto di non aver ancora avviata la trattativa con lo Stato.
Accertata la inutilità istituzionale resta naturalmente una utilità politica. Per chi il referendum l’ha promosso, cioè Luca Zaia. Perché se il referendum raggiungerà il quorum (non è in discussione la vittoria del Sì) l’uso politico che verrà fatto sarà per una legittimazione di una impostazione di tipo sovranista, antieuropea, conflittuale per principio con lo Stato. In cui poi Zaia resterà prigioniero del risultato, perché non potendo ottenere ciò che ha promesso perché non consentito dalla Costituzione dovrà alzare il tono del conflitto, rievocando prospettive secessionistiche. Come insegna la vicenda della Brexit ed anche quella della Catalogna si sa come si inizia ma non si sa dove si va a finire.
Lo scenario che si presenterà non sarà quello auspicato forse dalla dirigenza del PD veneto di una leale cooperazione tra tutte le forze politiche venete per una leale trattativa con il Governo centrale, ma quello di un conflitto radicale con lo Stato (e per il momento con il proprio Governo) con cui il PD non c’entrerebbe nulla (e vorrei dire non c’entrerebbe nulla anche Forza Italia). Un assaggio di quali sarebbero i rapporti è costituito chiaramente dallo spregiudicato tentativo di Zaia di proclamare la Repubblica autonoma libera dai vaccini, tentativo abortito per insostenibilità politica e tecnica.
E’ per me singolare che la maggiore forza di opposizione assicuri un Sì critico ad una iniziativa che nulla ha a che fare con il raggiungimento di una maggiore autonomia dei nostri territori. Che nulla ha a che fare anche con la visione autonomista che ha sempre animato il fronte progressista veneto, la visione di un federalismo solidale, che nella competizione è interessato ad ammodernare tutto il paese, che vede un ostacolo alla competizione nell’eccesso di un centralismo regionale che mortifica il sistema delle autonomie locali, che pensa ad una società aperta e non chiusa in un localismo asfittico, per un territorio che basa la sua ricchezza sulla sua capacità esportativa.
Vi è il rischio che inconsapevolmente il Sì critico diventi un Sì pavido, di chi rinuncia a presentare agli elettori la propria visione del Veneto. Dopo la corruzione e l’incapacità gestionale emerse con le vicende del Mose, la dilapidazione del risparmio di cittadini ed imprese ad opera di banche venete, i ritardi intollerabili nella realizzazione di opere pubbliche strategiche per carenze della Regione, sarebbe ora di uscire da un racconto mitologico in cui tutti i problemi del Veneto derivano dallo Stato centrale. Ci sono eccellenze e si sono manifestati enormi ritardi ed un grave corrompimento della società civile. Ci sono cose più importanti nell’agenda dei veneti su cui la Regione dovrebbe svolgere un ruolo centrale: formazione delle giovani generazioni, ricerca e innovazione, mobilità più efficiente, maggiore efficienza nei servizi pubblici locali, ecc. Cose che ci ha ricordato con molto buon senso Matteo Marzotto e tutti fattori di sviluppo che i rapporti della Fondazione Nord Est hanno in questi anni ben evidenziato. Forse per questo si assiste nel disinteresse al suo smantellamento. Più comodo cullarsi nella mitologia.
 
Paolo Giaretta